Dal Vangelo secondo Luca (19,1-10)

1In quel tempo Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».


I momenti di crisi sono un’esperienza importante per la nostra vita. Il termine crisi deriva dal verbo greco “krino” che significa separare, discernere, giudicare, valutare. I tempi di crisi, e quindi una condizione di precarietà, demarcano un momento di passaggio nella nostra vita. La crisi separa il prima dal dopo in maniera netta diventando la soglia di un cambiamento. Molti si interrogano su come saremo alla fine dell’esperienza della pandemia in atto. C’è chi dice che saremo migliori, altri ritengono che saremo peggiori. Certamente saremo diversi. Ma l’essere peggiori o migliori dipenderà, come sempre, dalle scelte che avremo il coraggio di fare. Insomma, arriva un momento in cui “la palla e al centro” e spetta a noi dare il calcio di inizio in una direzione precisa.

Un tempo di precarietà, quindi, può diventare l’occasione per riorientare, per rimettere in ordine la nostra vita, per verificare e, se necessario, rimodulare la scala di valori che sovrintende alle nostre scelte.

La precarietà, superata, apre, in genere, un tempo di rinnovata stabilità. Certamente terminata la precarietà si prende maggiore consapevolezza del bene e del male che si è creato attorno a noi. E per riprendere il cammino si è chiamati a fare nuove scelte e magari intraprendere itinerari ancora inesplorati.

La pagina della conversione di Zaccheo è emblematica a questo proposito.

Un primo atteggiamo consiste nel “portarci in alto” – così come Zaccheo sale sul sicomoro – per scorgere la presenza del Signore nel più ampio orizzonte dell’esperienza che si è fatta. Proprio nella prima meditazione della novena dicevo che un tempo di precarietà deve essere il tempo della preghiera. Per portarsi in alto e scorgere la presenza del Signore nel panorama della situazione di crisi che vivo, o che ho vissuto, devo compiere questo processo di verticalizzazione che solo la preghiera può realizzare. L’invocazione del dono dello Spirito mi aiuta a capire come il Signore si vuole manifestare nei momenti di crisi.

Un secondo atteggiamento consiste nella discesa, cioè nel passaggio dalla preghiera, dall’ascesi, appunto, alla vita concreta. Prima preghi, sali cioè con la preghiera sull’albero che ti consente di vedere il Signore nel turbinio della tua vita. Poi scopri che mentre cercavi il Signore nel bel mezzo delle tue difficoltà è proprio lui a stanarti e a chiamarti e, per quanto possa sembrarti strano, la prima cosa che ti dice è: “scendi subito”. In quel momento forse ti viene da pensare che sull’albero si stava anche bene e che forse vale la pena stare lì, nel rifugio nella mia preghiera, della mia vita spirituale.

Invece Gesù vuole entrare nel vivo della tua esistenza. E qui abbiamo il terzo atteggiamento: accogliere il Signore nella nostra casa. La casa è lo spazio nel quale abitiamo la nostra quotidianità. Il luogo delle relazioni interpersonali, della convivialità e della conoscenza reciproca. Dentro questa familiarità con il Signore che entra nelle trame della nostra vita vera nascono le intuizioni concrete per capovolgere la nostra vita.

Ed ecco quindi il quarto passo. Questo è il momento delle decisioni, dei gesti concreti. “Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto»”. Qui la svolta che si realizza attraverso scelte precise. Dentro la consapevolezza di essere nuovi dal di dentro e capaci di scelte che prima pensavamo di non essere in grado di fare.

Ecco le quattro tappe per mettere ordine e dare nuovo slancio alla nostra vita dopo un’esperienza di precarietà: cercare il Signore e individuarlo presente, attraverso la preghiera, nelle difficoltà che vivo; passare dall’ascesi, cioè dalla preghiera, alla vita concreta; accogliere la volontà del Signore nella casa della mia relazione personale e intima con lui; compiere scelte concrete di cambiamento, certi che ne avremo la forza e che non falliremo, perché il Signore è entrato nella mia casa!

Chissà che il Signore, in questo tempo di precarietà, non stia dando anche a noi una bella e opportuna occasione per riordinare la nostra vita.

Don Giulio Madeddu


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22 dicembre – Tempo di precarietà: è il tempo per riordinare la vita
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