Sabato 4 dicembre 2021

Omelia dell’Arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, nella celebrazione delle esequie di don Alberto Pistolesi.


Is 3,1-9

Gv 11,32-45

Eccellenze Reverendissime,

Carissimi presbiteri e diaconi,

e lei mamma Lidia, fratelli Valentina e Francesco, parenti di don  Alberto, signor Sindaco e autorità tutte civili e militari, amata comunità di Santa Barbara, e tutte le comunità parrocchiali e giovanili che  don Alberto ha servito fratelli tutti in Cristo,

l’irrompere della morte provoca sempre turbamento e interroga profondamente. Quando poi ci raggiunge la morte improvvisa di un amico e padre, fratello e figlio, di un testimone come don Alberto che ha segnato la vita di tanti con il suo contagioso entusiasmo, allora è come se morisse una parte di noi. Quante domande agitano il nostro cuore in questo profondo silenzio: perché? A cosa ci introduce la morte? Quale senso dare alla vita? Il naturale sgomento per la morte esprime quasi una protesta: la morte non può essere il nostro destino. Ci sentiamo chiamati alla vita, alla verità, all’amore, non alla morte. Dal cuore di questa sofferenza, sgorga la grande domanda: chi ci libererà? Chi può dare giustizia all’uomo esposto a tante brutte possibilità?

Gesù piange la morte di Lazzaro, si commuove profondamente per la perdita dell’amico. Bisogna considerare le lacrime di un Dio che si fa uomo per guardare questo grande mistero. Occorre ripartire dalle lacrime di Dio.

Parlo nella viva consapevolezza del mio compito di predicare il Vangelo e di invitare tutti gli uomini ad accoglierne la forza e la luce. Il cuore della nostra fede è il mistero pasquale, l’annuncio della morte e risurrezione del Signore. La morte è stata vinta dall’amore, questa è la nostra ferma speranza. L’annuncio della passione e risurrezione del Signore porta in sé l’annuncio della vocazione dell’uomo alla beatitudine senza fine. Siamo chiamati non al baratro del nulla ma alla vita eterna.

La Chiesa non ha una teoria da esporre ma un Sofferente Crocifisso da contemplare. Guardati dal crocifisso sappiamo che valiamo tanto, impariamo quanto siamo preziosi agli occhi di Dio e conosciamo che la nostra fragilità, che ci espone a tanti imprevisti, è raggiunta e salvata da un Dio che per noi soffre, muore e risorge. Egli vive e in lui la morte non ha più potere. La morte è stata vinta da un amore che ci raggiunge nel punto più duro, la sofferenza e la morte, per accoglierci e attrarci alla vita eterna.

Insegnano i Padri che Gesù Cristo ha fatto della sua croce un ponte sulla morte, attraverso il quale le anime si possono trasferire dalla regione delle tenebre a quella della vita. Noi lo crediamo fermamente e tanto più punge il dolore per la morte di don Alberto tanto più ci sentiamo spinti a stringerci alla dolce presenza del Signore risorto la cui destra ci sostiene. Su quel ponte deponiamo con amore don Alberto perché passi alla luce che non ha tramonto.

Alla luce del Risorto e della vocazione alla felicità eterna dell’uomo, comprendiamo meglio la grande umanità di don Alberto, per la quale rendiamo grazie a Dio: la sua familiarità di amico, la gioia fresca e trasparente, la forza e l’audacia delle sue iniziative. Tutto questo era espressione del suo profondo amore alla vita, generato dall’amore alla presenza viva del Signore e dalla speranza della risurrezione. Non si può amare, infatti, se non nell’orizzonte di un per sempre. Colpiscono le unanimi testimonianze del bene ricevuto da questo nostro fratello, la cui passione educativa ha segnato la vita delle persone che l’hanno incontrato, da vicario parrocchiale del SS. Crocifisso a Cagliari e San Luca in Quartu Sant’Elena; parroco di S. Barbara in Senorbì; direttore per la pastorale giovanile diocesana e vicario episcopale per la pastorale; insegnante di religione in diverse scuole statali di Cagliari e, infine, parroco di Santa Barbara in Sinnai. La sua è stata una sovrabbondante passione educativa: non si accontentava di amare la vita voleva introdurre gli altri, e soprattutto i giovani, al suo segreto. All’educatore non basta amare, vuole introdurre gli altri all’amore. E lo faceva con decisione e rispetto, facendo sentire importanti coloro che incontrava, sapendoli guardare con simpatia e affetto. In lui il Signore stesso si è avvicinato a noi per farsi conoscere e comunicarsi, per farci suoi amici.

Alla morte di Lazzaro Gesù provoca la risposta di fede della sorella «“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?” … “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”». Io credo. E poi grida forte: «Togliete la pietra», «Lazzaro, vieni fuori!» e libera l’amico morto: «scioglietelo e lasciatelo andare».

Sì, o Signore, sciogli adesso dalla morte il fratello Alberto, donagli la libertà di venire a te che sei la vita senza fine, luce che non si spegne, felicità e verità infinite. Chiamalo a Te, così che la sua ardente passione di vita possa saziarsi guardando il tuo volto. E anche a noi volgi il tuo sguardo, e togli questa pietra sul cuore, aprici alla speranza della risurrezione, alla fede nella tua presenza, alla carità vicendevole e verso tutti, perché solo l’amore sconfigge la morte.

La Scrittura esorta a ricordarci dei padri che ci hanno annunciato la parola di Dio e, considerandone la vita, di imitarne la fede (cf. Ebr 13,7-8). Facendo memoria della vita di don Alberto, adesso imitiamone la fede in Cristo vivo ed eterno: ieri e oggi e per sempre! Aiutiamoci a entrare più in profondità nella stessa fede che ha animato la sua umanità, accogliendo i fratelli, scambiandoci amicizia, annunciando al mondo la gioia del Signore risorto. Non fermiamoci al segno, entriamo nella profondità di questo mistero e imitiamo la fede perché l’amore in questo nostro oggi vinca ancora la morte.

Diceva Sant’Agostino: «Quando vedremo faccia a faccia quello che ora vediamo in uno specchio in maniera confusa, allora proclameremo: è vero, in un modo così diverso che non si può neppure dire, ed esclameremo Amen saziandocene in modo insaziabile».  (Discorso 362,28).

La sorella Valentina ha detto che Alberto era pronto. Noi no, noi non eravamo pronti. Aiutaci, o Signore, a dire il nostro Amen, per poter anche noi un giorno, insieme ai nostri cari defunti e a don Alberto, saziarci della tua dolce presenza.

 

Omelia di mons. Baturi per le esequie di don Alberto Pistolesi