In cammino verso il Natale contemplando l’Eucaristia
con le parole di San Giovanni Paolo II

Martedì 21 dicembre 2021

L’Eucaristia: fonte di riconciliazione

 

Accogliamo la Parola

In quel tempo Gesù disse questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

 

Riflettiamo

Come si deduce dalla parabola del figliol prodigo, la riconciliazione è un dono di Dio ed una sua iniziativa. Ma la nostra fede ci insegna che questa iniziativa si concretizza nel mistero di Cristo redentore, riconciliatore, liberatore dell’uomo dal peccato sotto tutte le sue forme. Lo stesso san Paolo non esita a riassumere in tale compito e funzione l’incomparabile missione di Gesù di Nazaret, Verbo e Figlio di Dio fatto uomo. Anche noi possiamo partire da questo mistero centrale dell’economia della salvezza, punto-chiave della cristologia dell’Apostolo. “Se mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, – egli scrive ai Romani – molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione”. Poiché dunque “Dio ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo”, Paolo si sente ispirato ad esortare i cristiani di Corinto: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. Di tale missione riconciliatrice mediante la morte sulla croce, parlava in altri termini l’evangelista Giovanni nell’osservare che Cristo doveva morire “per riunire insieme i figli di Dio, che erano dispersi”.

 

Ma ancora san Paolo ci consente di allargare la nostra visione dell’opera di Cristo a dimensioni cosmiche, quando scrive che in lui il Padre ha riconciliato con sé tutte le creature, quelle del cielo e quelle della terra. Giustamente si può dire di Cristo redentore che “nel tempo dell’ira è stato fatto riconciliazione”, e che, se egli è “la nostra pace”, è anche la nostra riconciliazione. Ben a ragione la sua passione e morte, sacramentalmente rinnovate nell’eucaristia, vengono chiamate dalla liturgia “sacrificio di riconciliazione”: riconciliazione con Dio e con i fratelli, se Gesù stesso insegna che la riconciliazione fraterna deve operarsi prima del sacrificio. È legittimo, dunque, partendo da questi e da altri significativi passi neo-testamentari, far convergere le riflessioni sull’intero mistero di Cristo intorno alla sua missione di riconciliatore. È, pertanto, da proclamare ancora una volta la fede della Chiesa nell’atto redentivo di Cristo, nel mistero pasquale della sua morte e risurrezione, come causa della riconciliazione dell’uomo, nel suo duplice aspetto di liberazione dal peccato e di comunione di grazia con Dio.

Giovanni Paolo II – Esortazione apostolica “Reconciliatio et paenitentia”  02/12/1984 (n. 7)

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Novena di Natale – Martedì 21 dicembre
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